Nel 1969 Pio Monti inaugura a Macerata la Galleria Artestudio
<<… Artestudio esordisce con una serie di mostre di tale caratura e di tale spessore che sembra per un incantesimo che la città sia diventata un palcoscenico internazionale. Propiziate dall’attivissimo direttore e raccolte in un pregevole catalogo con la presentazione di Binni, le mostre del primo anno di apertura sono lo specchio di un clima tutt’altro che provinciale e addirittura straordinariamente all’avanguardia dei tempi.
Il debutto della galleria è affidato ai maestri dell’astrattismo italiano – Eugenio Carmi e Carla Accardi – poi è la volta di Ceroli, Kounellis, Marotta, Pascali, appena reduci da Musée des arts décoratifs di Parigi con la mostra “Ceroli, Kounellis, Marotta, Pascali. 4 artistes italiens plus que nature”, curata da Maurizio Calvesi.
Seguono le scatole-confezioni e lo sguardo “”televisivo” di Frasnedi che fanno pendant con le declinazioni pop di fotogrammi e immagini trasportate su tela di Mario Schifano, e ancora le ricerche sull’arte cinetica e programmata di Getulio Alviani e di altri diciotto ideatori plastici. Sulla scorta delle proposte della Galleria Marconi di Milano che nel 1965 aveva inaugurato il suo spazio con una mostra di Adami, Lucio Del Pezzo, Schifano, Tadini, il quartetto viene ripresentato ad Artestudio insieme a Bay, Dias e Parti.
Una galleria dunque che si muove a 360 gradi intercettando tutte le diverse declinazioni della neoavanguardia e che tocca punti di eccellenza con le personali di Herbin, Dorazio, Turcato, Capogrossi, quest’ultimo presentato da Achille Bonito Oliva. Oltre all’omaggio ai grandi maestri dei nuovi linguaggi visivi, Artestudio non manca di essere vetrina delle nuove tendenze internazionali con le variegate espressioni della pop inglese e statunitense e con presenze di artisti di caratura mondiale tra cui Rauschenberg e Cy Twombly, che vennero omaggiati con Il pennello (1972), un’opera dell’artista emergente maceratese Ubaldo Bartolini, compagno di avventura con Sirio Bellucci, altro talentuoso artista marchigiano, del vulcanico Pio Monti.
Ma l’eco dell’Attico di Sargentini e delle investigazioni dell’arte povera, dopo le mostre curate da Germano Celant alla Galleria La Bertesca di Genova, alla De Foscherari di Bologna e agli Arsenali dell’Antica Repubblica Marinara di Amalfi con la memorabile esposizione “Arte povera più azioni povere”, segna l’apertura di Artestudio alla performance e all’environment. Prima con l’happening Puntelliti di Claudio Cintoli poi con Lo zoo di Michelangelo Pistoletto, la Galleria entra in osmosi con il tessuto cittadino e invade la strada. Macerata vive la sua rivoluzione artistica perfettamente in sintonia con i clamori della contestazione studentesca ancora sottotono nell’antica università maceratese, ma che sta per esplodere riversandosi sulle strade e nelle piazze cittadine come un’onda incontenibile accompagnata dai ritmi coinvolgenti della musica beat delle numerose band spontaneamente sorte in città…>>.
Paola Ballesi, Alle origini della stagione lirica maceratese: clima e background culturale, in Arena Sferisterio di Macerata 1967-1986. Origini e storia della tradizione lirica. I primi dieci anni, a cura di Elisabetta Perucci e Gianni Gualdoni, Camera di Commercio Macerata, 2012, pp. 81-83.
ARTICOLO: "PIO MONTI LA VOCAZIONE ALL'ETERNITA'"
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